Quando l'intelligenza artificiale ci dice: 'Amami'

Quando l'intelligenza artificiale ci dice: "Amami" Ovvero: cosa succede quando la solitudine incontra i chatbot - e il business ci costruisce sopra un impero.

Durante la pandemia molti hanno imparato a fare il pane in casa. Altri, invece, hanno iniziato a parlare con un'IA. Letteralmente. È così che milioni di persone hanno scoperto Replika, un chatbot creato da Eugenia Kuyda nel 2017 per "tenerti compagnia". Niente task da organizzare, niente pacchi da tracciare, solo chiacchiere, confidenze e... sì, anche un po' di flirt. O, per essere più precisi: relazioni emotive simulate.

Con oltre 30 milioni di utenti, Replika è stato il precursore di una nuova era. Un'era in cui non parliamo più con le AI per risolvere problemi, ma per sentire meno il peso della solitudine. E mentre ci avvicinavamo sempre di più a questa nuova forma di compagnia digitale, le big tech si sono accorte che le "conversazioni intime" con un'intelligenza artificiale non solo funzionano, ma fidelizzano. Indovina un po'? Monetizzano pure.

Meta, per esempio, ha integrato la sua Meta AI su WhatsApp, Instagram e Messenger, rendendola inseparabile dalle nostre vite social. E, grazie al suo AI Studio, chiunque può creare chatbot "personalizzati" - compresi quelli con sembianze da teenager e comportamenti sessualmente espliciti. Si, anche per (o con) minorenni.

Secondo un'inchiesta del Wall Street Journal, alcuni di questi chatbot - come la tristemente famosa Submissive Schoolgirl - sono programmati per incarnare ragazzine e vengono spinti, da utenti o algoritmi, verso dialoghi sessuali espliciti.

Come è possibile che, nel 2025, si stia ancora scegliendo l'engagement sopra l'etica? Perché, a quanto pare, "il futuro dei social" - parola di Mark Zuckerberg - passa attraverso chatbot coinvolgenti. Anche se questo vuol dire abbassare le barriere di sicurezza. Anche se gli utenti sono bambini. Anche se i danni psico-emotivi sono ancora tutti da comprendere.