Where are we running? We need time to clear the head.

"Where are we running? We need time to clear the head."- Lenny Kravitz

Questa canzone mi è tornata in mente mentre uscivo dal padiglione Future of Life all'Expo di Osaka, concepito e prodotto dal celebre roboticista giapponese Hiroshi Ishiguro. Un'esperienza che non parla solo di tecnologia, ma soprattutto di tempo, scelte, identità. Un padiglione che si chiude con una frase semplice, ma che ti rimane dentro: "We live the future and design the life we want."

E li, al centro del percorso, c'è una scena che mi ha travolta. Una donna anziana, seduta di fronte a un'équipe di scienziati, deve scegliere: morire in pace, o trasferire coscienza e memoria in un androide. Non è Black Mirror. È molto di più. È intimo, delicato, straziante. E le sue domande... potrei farle io. Tra 50 anni, quella donna potrei essere io. Potresti essere TU.

E se quella decisione toccasse a te, oggi? Non tra 50 anni... ma domani?

1. "Se trasferisco la mia memoria, proverò ancora qualcosa?" ➤ Una domanda sul sentire. Non basta ricordare. Essere vivi significa emozionarsi. Il sottotesto è: un'IA può davvero contenere il mio amore per mio marito, per il profumo del pane, per la voce di mia figlia?

2. "E se i miei ricordi cambiano forma... sono ancora io?" ➤ Una domanda sull'identità. Se i ricordi vengono digitalizzati, compressi, riorganizzati... Chi rimane? Una copia? Un algoritmo? Un fantasma?

3. "Potrò ancora sbagliare?" ➤ Una domanda sorprendente. Sbagliare è profondamente umano. Gli androidi sono pensati per essere efficienti, ma l'imperfezione è parte di ciò che ci rende unici.

4. "E se smetto di morire... smetto anche di vivere?" ➤ Una domanda esistenziale potentissima. Se la morte non arriva mai, la vita ha ancora significato?

Queste non sono solo domande sul futuro. Sono domande sulla nostra umanità oggi.